Mai come negli ultimi anni si sono registrate temperature così miti durante l’inverno. Per quanto questo possa essere piacevole e favorire le attività all’aria aperta, ci dobbiamo rendere conto che qualcosa sta cambiando e, purtroppo, non in positivo. Il cambiamento climatico degli ultimi anni ha fatto registrare lunghi periodi di siccità seguiti da piogge torrenziali e disastri ambientali molto ravvicinati nel tempo, in Italia ma anche in altre parti del mondo.
Con questo articolo cercheremo di spiegarvi in breve cos’è il cambiamento climatico, cosa comporta tutto questo per gli abitanti del Mediterraneo e cosa possiamo fare nel nostro piccolo.
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Molti percepiscono il cambiamento climatico semplicemente come qualcosa di ciclico o puramente teorico, che interessa regioni geografiche estreme e lontane, come lo scioglimento dei ghiacciai ai poli, o la perdita delle barriere coralline ai tropici. Addirittura gli ultimi sette anni sono stati i più caldi a livello globale mentre le concentrazioni di anidride carbonica e metano continuano ad aumentare.
Al contrario di quanto si possa pensare, il Mar Mediterraneo risulta essere una delle regioni più vulnerabili al mondo. Una delle sue caratteristiche è essere un mare chiuso: questo fa sì che si stia surriscaldando il 20% più rapidamente rispetto alla media globale.
🌡️ Negli ultimi 30 anni, si è osservato un aumento di più di un grado della temperatura dell’acqua e le previsioni non sono positive ma mostrano che le temperature possano aumentare di altri 2-3 gradi in molte aree del Mediterraneo. Questo cambiamento ha come conseguenza uno spostamento degli organismi marini ad affinità subtropicale verso regioni più temperate, dove prima erano assenti o molto rari. La tendenza di queste specie ad espandere e spostare il loro areale è stata definita come Meridionalizzazione del Mar Mediterraneo. Non solo: questo riscaldamento sta rendendo il nostro mare un habitat più ospitale per le specie esotiche di origine tropicale. Questo fenomeno è stato definito come Tropicalizzazione del Mediterraneo e prevede un processo di insediamento nel Mediterraneo da parte di specie provenienti da zone tropicali o sub-tropicali attraverso il Canale di Suez dal Mar Rosso e Oceano Indiano e attraverso lo Stretto di Gibilterra dall’Oceano Atlantico.
Questi descritti sono due fenomeni che si stanno verificando quasi in contemporanea e stanno avendo effetti negativi sull’equilibrio dell’ecosistema marino del Mediterraneo .
Le specie che maggiormente sono coinvolte in questo processo di spostamento dell’habitat sono le cosiddette specie termofile, ovvero quelle che prediligono acque a temperature calde.
Che cosa significa tutto questo?
Molti organismi che dapprima potevano essere trovati principalmente nella parte meridionale del bacino Mediterraneo negli ultimi anni stanno salendo anche a latitudini maggiori, diventando sempre più diffuse anche nella parte più settentrionale fino ad arrivare anche nel al Mar Ligure.
Tra queste specie riconosciamo la donzella pavonina, Thalassoma pavo, che fino a qualche anno fa era comune alle Isole Pelagie ed ora si può osservare anche in Mar Ligure; il barracuda, Sphyraena viridensis, comune ormai su tutte le coste; il pesce pappagallo, Sparisoma cretense, limitato alle acque del canale di Sicilia fino a trent’anni fa, ora comune anche nel Mar Tirreno.
La lista dei pesci continua ma il cambiamento climatico non ha influito solo sulla distribuzione di organismi vagili (capaci di spostarsi), sono stati osservati impatti anche sulle specie ancorate al substrato come coralli, gorgonie ed alghe.
Cambiamenti della temperatura del mare, anche se apparentemente ridotti, possono avere degli effetti devastanti sulla biologia e sulla diversità delle comunità marine. In particolar modo per le comunità bentoniche, ovvero legate al substrato per la loro sopravvivenza. Tra queste comunità riconosciamo organismi come alghe, coralli e gorgonie, ma anche gli invertebrati ed i crostacei che vivono in associazione con il fondale. Un aumento improvviso della temperatura, o anche graduale nel tempo, può distruggere l’habitat di molti organismi che, non potendo spostarsi alla ricerca di condizioni migliori, vengono sopraffatti.
Un esempio è rappresentato dalle gorgonie: sono organismi che prediligono acque fredde e ricche di nutrienti e, in condizioni ottimali, possono vivere fino a 60 anni.
Con il rapido cambiamento climatico nel Mediterraneo la loro popolazione è diminuita drasticamente. Questo è dovuto all’aumento delle temperature e ad eventi atmosferici estremi.
Quando le gorgonie muoiono si spezzano e cadono, e così viene meno la tridimensionalità dell’habitat che costituiscono: minori specie erettili portano ad una perdita generale della complessità dell’habitat che a sua volta comporta una diminuzione della biodiversità marina.
Gli scienziati che studiano il riscaldamento del Mediterraneo registrano cambiamenti nelle variabili fisiche come temperatura, salinità, correnti e le inevitabili conseguenze per gli organismi viventi. Purtroppo questo tipo di studi è limitato nello spazio e nel tempo e lo sforzo non sarebbe sufficiente per descrivere l’entità del fenomeno su larga scala. Inoltre sviluppare strumenti per adattarsi ai cambiamenti che stiamo vivendo è una grande sfida: per poter vincere c’è bisogno della collaborazione e dell’attenzione della società.
È proprio in questo contesto che l’Unione Europea ha finanziato un Progetto che ha come scopo quello di fornire gli strumenti per monitorare e mitigare gli effetti del cambiamento climatico nel Mediterraneo.
Il progetto in questione si chiama MPA-ENGAGE, e coinvolge Aree Marine Protette (MPA) di 7 paesi che si affacciano sul Mediterraneo: Albania, Croazia, Francia, Grecia, Italia, Malta e Spagna. In Italia, le MPA coinvolte sono: Isola di Ustica, Torre del Cerrano, Tavolara, Asinara, Isole Pelagie e Portofino.
Queste aree marine protette saranno veri e propri siti sentinella: attraverso un approccio partecipativo il progetto monitorerà gli impatti del cambiamento climatico, elaborerà delle valutazioni di vulnerabilità degli habitat e svilupperà dei piani di azione di adattamento al cambiamento climatico.
Per fare ciò ha sviluppato dei protocolli standard che forniscono una guida pratica per tenere sotto controllo gli impatti correlati al clima nelle aree marine protette del Mediterraneo. Le variabili prese in considerazione in questi strumenti di monitoraggio si basano essenzialmente su una serie di misure in grado di catturare il cambiamento globale su larga scala. Gli indicatori sono stati scelti non solo sulla base del loro rilievo in campo scientifico, ma anche per la loro fattibilità ed economicità.
La partecipazione da parte della comunità a questo progetto è fondamentale: sono tutti coinvolti, dai piani alti dell’amministrazione fino ai singoli cittadini. In questo progetto i protagonisti in prima linea sono i pescatori che frequentano il mare per lavoro tutti i giorni e lo conoscono meglio di chiunque altro, ed i diving center che, per passione e diletto, portano costantemente migliaia di subacquei in acqua ad osservare le meraviglie del nostro mare.
PADI e DAN, partners di questo progetto, hanno creato un nuovo programma di training per azioni a supporto delle aree marine protette e degli enti di ricerca.
Un nuovo corso di specialità, PADI/DAN Basic Research Operator, sarà disponibile presso i diving center che aderiscono all’iniziativa promossa dall’Area Marina Protetta nel contesto del progetto MPA-ENGAGE.
Una vera e propria iniziativa di Citizen Science, ovvero attività scientifiche operate dai non addetti al mestiere, che coinvolge subacquei di tutti i livelli.
In cosa consiste il corso?
Con un paio di lezioni introduttive ti verrà spiegato quali sono le specie da osservare e perché; ti verrà consegnata una lavagnetta subacquea sulla quale annotare una lista di osservazioni durante le tue immersioni ed ecco fatto! Chiunque metta piede in acqua, ora, potrà diventare ricercatore per un giorno.
Le principali attività del progetto consisteranno in:
Le specie termofile sono rappresentative di un ambiente in mutamento e registrarne presenza e abbondanza permetterà di avere un quadro più ampio sugli effetti del surriscaldamento del nostro mare.
Tra le specie target del censimento vi sono: pesce pappagallo del Mediterraneo (Sparisoma cretense), cernia bruna (Epinephelus marginatus), donzella pavonina (Thalassoma pavo), salpa (Sarpa salpa), sciarrano (Serranus scriba), donzella o pesce carabiniere (Coris julis), perchia (Serranus cabrilla), pesce coniglio scuro (Siganus spp.), pesce flauto (Fistularia commersonii).
Il corso ha l’obiettivo di sensibilizzare i subacquei sulle problematiche che il nostro mare sta affrontando e di insegnare un approccio attivo e costruttivo per la salvaguardia delle meraviglie sottomarine.
Se ti stai domandando come puoi aiutare e fare la tua parte, la risposta te la diamo noi: contattaci e ti daremo tutte le informazioni per partecipare a questo progetto di conservazione e protezione del nostro Mar Mediterraneo.
Una laurea in Biologia e una specializzazione in Biologia Marina, appassionata del mare e dei viaggi. Subacquea per diletto e guida di whale watching di professione.